domenica, luglio 22, 2007

Evet a Kazan


j, thanks for the nice picture

(Nella foto un elettore ha detto sì, in turco "evet", al partito del premier Erdogan. Sullo sfondo il ritratto di Atatürk. La Turchia dell'islam politico e quella del laicismo di Kemal Atatürk nello spazio di un frame)

passo il pomeriggio fuori Ankara. vado a osservare nei seggi elettorali in una città piccola e polverosa a una cinquantina di chilometri dalla capitale. scelta su una minuscola cartina, la cittadina in questione si chiama Kazan.
subito penso: adesso vedo la Turchia vera.

ai seggi elettorali, nelle scuole elementari di Kazan, ci guardano con una certa curiosità: io, un collega americano e la nostra interprete, una ragazza di Istanbul di origini curde.
ovunque entriamo Atatürk ci scruta con i suoi occhi azzurri: dalle pareti delle aule, dai corridoi dipinti a colori pastello, dagli androni pieni di elettori che aspettano il loro turno, chiacchierano, cercano di capire dove devono votare. e fumano. e ci guardano.

passiamo un'ora nel tardo pomeriggio a osservare il conteggio delle schede in un seggio dove il presidente posa fiero e sorridente per le nostre foto, mentre le operazioni di scrutinio proseguono monotone e regolari nel caldo secco che c'è dentro e fuori.
nel cortile della scuola sventola una bandiera con la mezza luna che dispettosa si ritira quando j cerca di fotografarla per poi subito dispiegarsi intera e rossa al flebile vento appena lui si volta divertito e arreso. io, seduta in un piccolo banco, seguo distratta il corteggiamento fotografico alla bandiera timida e cerco di ricordare come ero alle elementari, negli stessi banchi piccoli, con lo stesso immutabile senso di noia nelle ore vuote e immobili. intanto un rappresentante del partito di Erdogan cerca di convincere la nostra inteprete a votare per loro. e un po' ci prova, mi sembra, ma lei lo guarda con il trucco nero che cola ed è distante anni luce.

a operazioni finite salutiamo e torniamo in ufficio. la macchina che ci riporta ad Ankara corre veloce in mezzo alla "vera" Turchia. l'autista e l'inteprete sono silenziosi. la luce è quella obliqua e gialla della giornata che se ne va. si appoggia sulla polvere, su un nuovo governo da formare, su un'altra elezione che è finita, su un risultato annunciato.
penso che mi piace viaggiare a quest'ora, penso che tra poco tornerò a casa.
non immagino che passerò la serata in ufficio a bere birra calda e sgasata.

1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

mi autoinvito all'imbrunire per un vinello fresco sul tuo terrazzino tra le piante, le zanzare, i mici e i tuoi racconti.
bentornata a casa.

6:50 AM  

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